Accoglienza
Con un abbraccio affettuoso da parte delle famiglie che le hanno ospitate si è conclusa questa “nuova” esperienza di accoglienza che il nostro Comitato ha realizzato dopo cinque anni di stop forzato, a causa della pandemia e poi della complessa situazione politica internazionale.
Non si è trattato di una “vacanza terapeutica” come era accaduto per vent’anni con i minori bielorussi che abbiamo accolto nelle nostre famiglie, affiancando calore familiare e cure mediche; ma terapeutica lo è stata comunque, visto che per tre settimane le quattro bambine accolte, da 8 a 11 anni, hanno potuto vivere in un contesto di ordinaria quotidianità e non di guerra: sono andate a scuola tutti i giorni, dal lunedì al venerdì come i loro coetanei italiani, in un’aula dedicata e sicura, svolgendo attività didattiche e laboratoriali insieme senza la paura di un allarme; sono tornate a “casa” tutti i giorni e hanno potuto godere di momenti sereni divertendosi e hanno dormito tranquille.
Ancora una volta abbiamo sperimentato cosa significa aprire le porte (nel senso letterale della parola) all’accoglienza, riorganizzando gli equilibri che non senza fatica abbiamo costruito per far fronte alla complessità della nostra vita milanese, cosa significa spostare il baricentro su una persona, un bambino, che entra a far parte per un po’ della nostra famiglia portando esigenze specifiche e prioritarie.
Le bambine hanno provato e manifestato nostalgia di casa, come è normale per la loro età, ma i contatti telefonici, anche attraverso i social, sempre possibili hanno alleviato questo disagio e lo stare insieme per gran parte della giornata ha rappresentato un fattore importante di serenità.
La gita insieme a Genova è stata davvero memorabile: dopo parecchi giorni piovosi e grigi abbiamo ritrovato il sole e la visita all’Acquario ha suscitato un entusiasmo davvero straordinario.
Tre settimane sono volate e il pullman per Kiev è ripartito con le nostre piccole ospiti. Noi, non senza qualche scossone, torneremo ai nostri consueti equilibri familiari. E loro?
Cosa rappresenterà per Nastia, Hanna, Marharyta e Zlata questo soggiorno milanese? Siamo riusciti a creare nelle loro menti e nei loro cuori uno spazio di serenità che possa attutire gli orrori di una guerra che sembra non voler finire?
Questo è il nostro desiderio e l’augurio che ci facciamo, ma anche il punto di partenza per capire come continuare il nostro percorso di accoglienza che antico nello spirito è diventato nuovo nelle modalità.